Comune di Cetara
Agricoltura e filiera di qualità
Alla Costiera Amalfitana è legata la coltivazione del limone che vi fu importato dalla Sicilia o dal Medio Oriente fin dal X secolo. Il periodo di maggiore affermazione ed espansione della coltivazione del limone fu l’inizio del XX secolo. La creazione del sistema di terrazzamenti contenuti in muri a secco sottopose i proprietari ad un impegno finanziario notevole, sforzo giustificato dall’alta redditività dell’investimento. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la coltivazione del limone si estese anche alla Grecia e alla Penisola Iberica, provocando l’arresto dell’esportazione del prodotto amalfitano. Rimaneva il mercato interno, ma negli anni successivi il declino è stato sempre più grave. La ragione dell’irreversibile declino dell’agrumicoltura è essenzialmente economica, è legata alla forte diffusione ed espansione della produzione, e quindi dell’offerta di un prodotto che non presenta notevoli variazioni di prezzo in rapporto alla qualità.
I vigneti che fino agli inizi del XX secolo rappresentavano in Costiera e a Cetara una coltura rilevante, sono in parte sopravvissuti, ma sono del tutto scomparsi gli antichi vitigni tipici della zona. La produzione vinicola a Cetara è quantitativamente limitata e qualitativamente modesta.
Riguardo la pesca a Cetara fin dai tempi antichi si pratica la pesca delle acciughe. Queste, nel contesto di un’economia essenzialmente autarchica, hanno rappresentato per anni l’alimento di più largo consumo da parte della popolazione. Fino all’inizio del XX secolo le alici venivano catturate da una particolare rete chiamata “menaida” lunga da 300 a 400 metri, formata da un solo telo a maglie tutte uguali che consentivano alle alici di piccola taglia di passare, facendovi rimanere impigliate solo quelle più grosse. I due estremi della rete venivano fissati mediante dei cavi a due barili vuoti che funzionavano da galleggianti. Le alici catturate venivano prelevate a mano dai pescatori. Negli anni ’20 alla tecnica della menaida si sostituì quella della lampara. La rete era costituita da due ali convergenti a imbuto verso il “sacco”. Una volta calata la rete, un battello dotato di sorgente luminosa attirava il branco di pesci che veniva così circuito e imprigionato.
Nel 1946 venne introdotto il sistema di pesca con rete detta “a cianciolo”. Tale rete è dotata nella parte superiore di galleggianti e nella parte inferiore di pesi. Il branco di pesci viene circuito e catturato. A questo punto la rete viene chiusa come un sacco e viene tirata a mano, fino ad affiancare la barca. Infine il pescato viene issato a bordo con grossi retini detti “coppi” che produrranno la famosa Colatura d’alici, un liquido ambrato ottenuto dal processo di maturazione delle alici sotto sale, seguendo un antico procedimento tramandato di padre in figlio dai pescatori di Cetara; regole semplici e tempi precisi. E’ quasi un rituale antico: ogni famiglia se la procura per condire gli spaghetti o le linguine, immancabili nelle cene vigiliari. Oggi questo tipico e genuino condimento della gastronomia locale ha trovato un suo primo riconoscimento. La Colatura di alici di Cetara è inserita nello speciale elenco, elaborato dal Ministero per le politiche agricole (D.M. 18.7.2000), dei prodotti agroalimentari tradizionali da tutelare e da salvaguardare.
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